La scelta di far affinare il vino in botti di legno influenza notevolmente la composizione del vino sia da un punto di visto aromatico che olfattivo. Per questo motivo è necessario che ogni produttore conosca bene i meccanismi che prendono luogo in questa fase e scelga i contenitori più adatti alle sue esigenze.
Botti in legno: una storia lunga 2000 anni
Secondo gli storici[1], la produzione di vino in larga scala risale addirittura al 5400 a.C. e, in particolare, alle popolazioni della Mesopotamia. È invece attorno al 2000 a.C. che è possibile far risalire i primi episodi di commercializzazione di questa bevanda da parte di Greci e Romani.
Inizialmente i processi di fermentazione e maturazione venivano effettuati in anfore e vasi, che tuttavia risultarono presto troppo fragili, pesanti e difficili da trasportare. Fortunatamente arrivò la tecnologia a risolvere il problema: nacquero così le prime botti in legno che ben presto cominciarono a essere ampiamente utilizzate in tutto il Nord Europa.
Fin dal 16° secolo i legni più utilizzati per le costruzioni dei barili furono quelli di quercia e castagno, particolarmente apprezzati per la loro resistenza, flessibilità e impermeabilità.
Ancora oggi il legno di quercia è quello più utilizzato, sebbene talvolta i produttori propendano per materiali completamente diversi, come il cemento o l’acciaio.
Cosa succede al vino durante l’affinamento nelle botti in legno?
Uno dei momenti più importanti per preservare e migliorare le proprietà dei vini è il processo di invecchiamento. Questo può essere distinto in due fasi specifiche: una prima detta ossidativa, che generalmente avviene in botte, e una seconda chiamata riduttiva che invece avviene in bottiglia.
Durante il processo di invecchiamento prendono vita tutta una serie di trasformazioni chimiche e organolettiche capaci di modificare la qualità del prodotto finale. In particolare sono due le variabili che più di tutte incidono sulle caratteristiche del vino così ottenuto: il tempo di affinamento e la qualità delle botti in legno. È importante sottolineare, però, che ciò è particolarmente vero per i vini rossi, tendenzialmente più soggetti a pratiche di invecchiamento rispetto ai bianchi.
A lungo, infatti, molti produttori evitavano l’invecchiamento dei vini bianchi perché secondo alcune credenze popolari[2] ciò avrebbe diminuito la loro qualità: si pensava infatti che il legno potesse mascherare i componenti volatili tipici dei bianchi oltre a contribuire a processi di ossidazione. Oggi, comunque, l’uso di componenti in legno è utilizzato anche per questa tipologia di vini, per donare loro un aroma più corposo e complesso.
Quali sono i composti del legno che influenzano l’aroma del vino?
Gli studi di Jarauta e colleghi[3] hanno dimostrato che invecchiare il vino nelle botti in legno fornisce fino a 41 diversi aromi ai vini, undici dei quali dipendono esclusivamente dal tipo di legno utilizzato. Ma quali sono i composti più importanti dei legni che incidono in questo processo?
Da un punto di vista sensoriale i principali sono:
- Lattoni della quercia, che garantiscono un sentore di cocco e legna
- Guaiacolo e 4-Methylguaiacolo che contribuiscono a un aroma affumicato
- Vanillina, che dà un sentore di legno verde
- Furfurolo, che favorisce un aroma di mandorla
- Eugenolo che permette di ottenere un aroma speziato
Inoltre il legno rilascia polifenoli, fondamentali per proteggere il vino dall’ossidazione.
La qualità del vino dipende direttamente dalla qualità del legno utilizzato e dalla zona d’origine di quest’ultimo.
Ossigenazione: quando è utile far incontrare vino e ossigeno
Il legno delle botti, in quanto materiale poroso, consente il passaggio di piccoli quantitativi di ossigeno all’interno dei barili. Questa fase, chiamata ossigenazione, è generalmente favorita dai produttori con l’intento di migliorare alcuni parametri[4], come ad esempio il colore, l’aroma e la texture di vini.
L’ossigeno, infatti, incide sulla fermentazione dei lieviti, migliora la stabilità del vino e ne modifica il profilo aromatico.
Perché ciò avviene?
Come anticipato, nel vino sono presenti alcuni composti fitochimici, i polifenoli. Queste molecole consumano molto ossigeno e risultano quindi fondamentali per la loro capacità antiossidante. Più ossigeno verrà dato al vino, maggiore sarà il profilo sensoriale del prodotto finale.
Ricorda però che l’ossigeno è concesso solo durante la fase di invecchiamento! Contatti tra vino e O2 nella successiva fase di affinamento in bottiglia possono provocare deprezzamenti spiacevoli a causa dello zolfo volatile e dei composti fenolici.
Ci sono legni più adatti da utilizzare in questa fase?
Secondo alcuni studi[4], sì. Sembra infatti che i legni provenienti da querce americane permettano una maggiore ossigenazione rispetto a quelli di origine francese.
Inoltre, il modo in cui il legno delle botti influisce sulle proprietà del vino varia a seconda delle sue origini, età, porosità, tipo d’uso e tostatura, oltre che dal tempo in cui il vino è lasciato in contatto con esso..
In particolare, è possibile distinguere tre diversi tipi di vino in base a quanto tempo il mosto è rimasto ad affinare nelle botti:
- Vino invecchiato
- Riserva
- Riserva superiore
I parametri per cui un vino rientri o meno in una di queste tre categorie cambiano però da Paese a Paese e in alcuni luoghi tale definizione non è correlata al tempo di affinamento in barile. Ad ogni modo, generalmente, il processo di invecchiamento è una delle discriminanti che sancisce il valore dei vini.
Cosa dice la legge?
I legni che potenzialmente possono essere utilizzati per l’invecchiamento in botte sono, in realtà, molteplici. Tuttavia, l’OIV ha approvato esclusivamente l’utilizzo di legno di quercia e castagno, mentre per le chips, che vedremo a breve, è concesso utilizzare solo legno proveniente dalla specie Quercus[5]. Nonostante ciò, gli esperti del settore continuano a cercare legni o pratiche alternative: questo sia per individuare nuovi profili aromatici che per una riduzione dei costi ridotti.
Quali vini posso invecchiare in barile?
Non tutti i vini sono adatti per l’affinamento in botte: è infatti necessario che il mosto rispetti alcuni parametri chimici, generalmente associati alla maturità fenolica delle uve. Un esempio: in Andalusia[6], perché un vino rosso sia adeguatamente invecchiato è necessario che:
- il suo indice totale di polifenoli (TPI) sia di 60 mg GAE/g;
- contenga un alto numero di polifenoli (più di 800 mg/L di antociani e più di 3 g/l di tannini) e un PH molto basso (>3.50);
- la gradazione alcolica sia attorno al 12%;
- l’acidità totale sia di 4.5 g/L;
- l’acidità volatile sia meno di 13.3 mEq/L.
Questi parametri sono generalmente validi per i vini prodotti in paesi con clima Mediterraneo, sebbene con qualche variazione relativa ai regolamenti locali.
Alcuni dati economici
(e perché può essere una buona idea anche dal punto di vista economico scegliere l’affinamento in botte)
Negli ultimi anni i Paesi europei che hanno maggiormente prodotto vino sono stati Italia (152 milioni di L) e Spagna (86 milioni di litri), subito seguiti dalla Francia (19.3 milioni di litri)[7].
Molti consumatori[8] associano la pratica dell’invecchiamento in botte a una maggior qualità del vino. Come abbiamo visto, è effettivamente possibile riscontrare basi scientifiche in questa affermazione: studi al riguardo hanno infatti dimostrato che effettivamente investire nell’affinamento in barile garantisce un notevole miglioramento del sapore e delle proprietà organolettiche del nostro vino.
Questa consapevolezza da parte dei bevitori di vino ha importanti conseguenze a livello economico: nel 2012 per ogni 100 bottiglie di vino vendute, 45 erano di vino giovane mentre 55 di vino invecchiato[7].
Altri numeri importanti riguardano il mercato del legno per la costruzione delle botti: l’America risulta il primo Paese produttore, con ben 1,160 milioni di dollari ricavati per esportazioni di legno di quercia, subito seguita dalla Francia, con ben 180 milioni di dollari guadagnati all’anno.
Le botti sono sempre così efficaci?
L’uso di barili in legno, per quanto diffuso ed efficace, può risultare pericoloso per quel che riguarda la crescita di microrganismi indesiderati. Lieviti come il Brettanomyces, infatti, sono in grado di sviluppare un particolare biofilm sulle pareti interne dei barili e tra le giunture delle doghe, rendendo così estremamente difficile la sanificazione delle stesse.
Inoltre il costo delle botti in legno è decisamente elevato[4].
Bisogna poi considerare una riduzione del volume del mosto, dovuta sia all’assorbimento del vino da parte del legno, sia all’evaporazione della bevanda attraverso i pori dei barili.
Oltre alla perdita in termini di quantitativi di vino, bisogna preventivare anche una progressiva deformazione delle botti che, a lungo andare, perdono le loro proprietà e vedono notevolmente ridotta la loro shelf-life[9].
Anche la sanificazione e il tipo di utilizzo a cui sono destinate contribuisce a un più rapido deperimento delle barrique: ad esempio, è stato dimostrato che quando le botti sono utilizzate solamente per la separazione dei sedimenti la loro vita è di circa 40 anni. L’aspettativa si abbassa moltissimo quando invece i barili vengono utilizzati per modificare l’aroma dei vini, arrivando a una shelf-life di soli 8 anni.
Esistono alternative alle botti in legno altrettanto efficaci?
Chips
Negli ultimi anni i produttori stanno iniziando a scegliere come alternativa alle botti l’utilizzo di chips in legno[4]. Questa soluzione è infatti più economica e permette di ottenere risultati molto simili all’invecchiamento in barile. Ma cosa sono le chips? Sostanzialmente, dei piccoli pezzi di legno tagliati con diverse tecniche, che vengono immersi nel vino perché affinché questo prenda le caratteristiche desiderate. Il risultato sarà determinato dalla dimensione delle chips e dal grado di tostatura.
Uso di chips e micro-ossigenazione
Alcuni produttori preferiscono unire l’utilizzo di chips con tecniche di micro-ossigenazione[4], simulando così il processo di invecchiamento in botte. Questa tecnica è consigliata per migliorare la stabilizzazione del colore e le qualità organolettiche dei vini, senza però avere un dispendio economico pari a quello per le barrique.
Processo di conservazione con scorze di legno
Utilizzato soprattutto per i vini bianchi e frizzanti, questo metodo viene usato per implementare il processo di invecchiamento[4]. Di solito il processo di conservazione è successivo a una fase di invecchiamento in botte o in materiali alternativi, come ad esempio contenitori in acciaio inox. Utilizzare le scorze durante la conservazione permette di migliorare il profilo sensoriale, ridurre l’amaro o l’astringenza o, ancora, modificare le proprietà organolettiche.
Se la scelta è quella di affinare il vino in botti di legno, sarebbe meglio analizzarle prima di aggiungere il vino della nuova annata, per verificare l’eventuale presenza di microrganismi indesiderati.
A tal proposito si può utilizzare Self-Brett sull’acqua di lavaggio o sul vino prima del travaso-imbottigliamento e capire così, con pochi euro, se i contenitori in legno sono contaminati dal Brettanomyces!
[1] D. Twede, “The cask age: The technology and history of wooden barrels,” Packag. Technol. Sci., vol. 18, no. 5, pp. 253–264, 2005, doi: 10.1002/pts.696.
[2] M. Ortega-Heras, M. L. González-Sanjosé, and C. González-Huerta, “Consideration of the influence of aging process, type of wine and oenological classic parameters on the levels of wood volatile compounds present in red wines,” Food Chem., vol. 103, no. 4, pp. 1434–1448, 2007, doi: 10.1016/j.foodchem.2006.10.060.
[3] I. Jarauta, J. Cacho, and V. Ferreira, “Concurrent phenomena contributing to the formation of the aroma of wine during aging in oak wood: An analytical study,” J. Agric. Food Chem., vol. 53, no. 10, pp. 4166–4177, 2005, doi: 10.1021/jf0481960.
[4] M. Carpena, A. G. Pereira, M. A. Prieto, and J. Simal-Gandara, “Wine aging technology: Fundamental role of wood barrels,” Foods, vol. 9, no. 9, pp. 1–25, 2020, doi: 10.3390/foods9091160.
[5] “Certified in conformity Paris, 20,” no. April 2004, p. 2005, 2007.
[6] M. P. R. Pérez and V. G. Caballero, “Control del proceso de maduración del viñedo en climas mediterráneos,” Junta Andalucía. Inst. Investig. y Form. Agrar. y Pesq., pp. 1–24, 2012, [Online]. Available: https://www.juntadeandalucia.es/agriculturaypesca/ifapa/-/action/90004fc0-93fe-11df-8d8b-f26108bf46ad/e5747030-1bb8-11df-b7e2-35c8dbbe5a83/es/02f9e190-faff-11e0-929f-f77205134944/alfrescoDocument?i3pn=contenidoAlf&i3pt=S&i3l=es&i3d=e5747030-1bb8-11df-b7e2.
[7] OEMV, “Principales exportadores mundiales de vino – Septiembre 2019,” [Online]. Available: https://www.oemv.es/principales-exportadores-mundiales-de-vino-septiembre-2019.
[8] F. S. Juan, J. Cacho, V. Ferreira, and A. Escudero, “Aroma Chemical Composition of Red Wines from Different Price,” J. Agric. Food Chem., vol. 60, no. 20, pp. 5045–56, 2012, [Online]. Available: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22480297.
[9] E. Stadler and U. Fischer, “Sanitization of Oak Barrels for Wine – A Review,” J. Agric. Food Chem., vol. 68, no. 19, pp. 5283–5295, 2020, doi: 10.1021/acs.jafc.0c00816.