Birra e Brett

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Birra

BRETTANOMYCES E BIRRA: un amore difficile 

Un ripasso sul Brettanomyces

Il Brettanomyces, comunemente detto Brett, è un lievito selvaggio di cui si riscontra frequentemente la presenza nella produzione commerciale di alimenti fermentati.

Questo lievito è rilevabile al microscopio in quanto si presenta con cellule più piccole rispetto ai lieviti Saccharomyces – indispensabili invece per la fermentazione alcolica – e con una forma rotonda o ovale comunemente appuntita alle estremità. In alcuni casi si possono ritrovare cellule allungate e catene ramificate.

Questa tipologia di lieviti “selvaggi” è in grado di metabolizzare composti organici comunemente presenti nel mosto di vino e birra producendo composti volatili che influenzano fortemente le proprietà organolettiche della bevanda.

Sia nel vino che nella birra le specie più rappresentative sono Brettanomyces, bruxellensis e anomalus.

 

Il Brettanomyces nel vino

Il Brettanomyces è molto conosciuto nell’industria vitivinicola di ogni paese del mondo, in quanto determina ingenti danni economici dovuti ai sottoprodotti del suo metabolismo, oltre che alla sua difficile rilevazione ed eradicazione.

La sua crescita lenta non lo pone in condizioni di poter competere con i lieviti Saccharomyces durante la fermentazione, ma grazie alla sua resistenza a pH bassi, a elevate concentrazioni di alcool e alla capacità di metabolizzare zuccheri non fermentabili dai lieviti classici, diventa attivo al termine della fase di fermentazione o in fase di maturazione.

Quando questo lievito si sviluppa nel vino è in grado di metabolizzare una categoria di composti definiti acidi idrossi-cinnamici (HCAs) conferendo alla bevanda il cosiddetto sentore di Brett (odore di stalla, cuoio o cavallo).[1]

 

Non solo un nemico del vino

Nella filiera brassicola questo lievito è molto presente, spesso come microrganismo contaminante e deteriorante, anche se, in alcuni casi specifici (e.g. birre lambic e geuze), risulta fondamentale per la fermentazione spontanea, conferendo aromi riconducibili allo speziato, affumicato o fruttato.[2]

La birra è una bevanda complessa che può contenere centinaia di molecole e composti che ne caratterizzano il sapore e l’aroma finale. Queste molecole possono avere un impatto maggiore o minore sul prodotto finito, sia positivo che negativo. La loro presenza dipende principalmente dalle materie prime utilizzate per la produzione così come da fenomeni metabolici dovuti ai lieviti Saccharomyces inoculati per la fermentazione o di altri batteri e lieviti “selvaggi”.

Metabolismo

I fenoli volatili nella birra derivano principalmente dalle materie prime utilizzate, malti e luppoli, e risultano essere parti integrante della parete cellulare, dove contribuiscono, insieme alla lignina, alla rigidità della parete delle cellule vegetali.[3]

Gli acidi idrossi-cinnamici principali sono l’acido ferulico, l’acido p-cumarico e l’acido sinapico.

Alcuni microrganismi possiedono vie metaboliche che li rendono in grado di convertire questi acidi in prodotti meno tossici per loro attraverso un enzima phenolic acid decarboxylase (PAD). I composti vinilici prodotti hanno però un basso impatto sulle proprietà organolettiche delle bevande (4-vinylguaiacolo e 4-vinylfenolo) rispetto a quegli etilici.[3]

I lieviti Brettanomyces possiedono infatti degli enzimi Vinyl pieno reductase (VPR) che convertono i sottoprodotti vinilici in derivati etilici come il 4-etilguaiacolo e il 4-etilfenolo che, a causa della loro bassissima soglia di percezione, conferiscono il sentore di Brett alla bevanda.[3]

Oltre ai fenoli volatili, questi microrganismi hanno delle vie metaboliche che portano altri danni alla birra:

  • produzione di acido acetico,
  • acido succinico,
  • etil acetato,
  • 2,3-butandiolo [4].
  • Inoltre sono responsabili dei fenomeni di super-attenuazione. [2]

pathaway del brettanomyches

Cosa comporta la presenza di Brettanomyces nella birra?

Il Brettanomyces durante la sua fermentazione è in grado di trasformare, grazie al processo di esterificazione (tramite enzimi b-glucosidasici), gli acidi grassi a lunga catena che sono responsabili del sapore di burro o rancido, in molecole che conferiscono aromi fruttati: isoamil acetato che conferisce il sapore di banana e 2-fenil acetato che ricorda il sapore del miele e altri esteri etilici che ricordano gusti esotici come l’ananas. [2]

barile con birra in fermentazione

Per questi motivi, per determinate tipologie di birra, il Brettanomyces è un microrganismo fondamentale ed è un punto di partenza per la produzione di nuove tipologie di birra e alimenti fermentati in generale. Un delicato equilibrio nella flora microbica permette di bilanciare la concentrazione di sottoprodotti e molecole volatili. Questi conferiscono alle birre a fermentazione spontanea aromi e gusti peculiari molto ricercati, ma nella maggioranza dei casi il Brettanomyces è considerato a tutti gli effetti un microrganismo deteriorante di cui la presenza è sgradita.[5][2]

Come combatterla?

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[1]      S. Holt, V. Mukherjee, B. Lievens, K. J. Verstrepen, and J. M. Thevelein, “Bio fl avoring by non-conventional yeasts in sequential beer fermentations,” Food Microbiol., vol. 72, pp. 55–66, 2018.

[2]      M. Serra Colomer, B. Funch, and J. Forster, “The raise of Brettanomyces yeast species for beer production,” Curr. Opin. Biotechnol., vol. 56, pp. 30–35, 2019.

[3]      M. Lentz, “The Impact of Simple Phenolic Compounds on Beer Aroma and Flavor,” 2018.

[4]      B. R. B. Gillilakd, “BRETTANOMYCES. I. OCCURRENCE, CHARACTERISTICS, AND EFFECTS ON BEER FLAVOUR,” vol. 67, 1961.

[5]      M. Lentz and C. Harris, “Analysis of Growth Inhibition and Metabolism of Hydroxycinnamic Acids by Brewing and Spoilage Strains of Brettanomyces Yeast,” pp. 581–593, 2015.